martedì, settembre 7

Maybe


E’ come un uomo malato di cancro al cervello.

E’ da un anno ormai che il tumore si è impossessato di lui e lui sta male.

E’ sposato da cinque anni e da dieci ama follemente sua moglie, ha sempre cercato di essere un buon ragazzo e poi un buon marito e ha fatto davvero un ottimo lavoro. La fa ridere, le fa il solletico, le accarezza i capelli, le dice sempre quanto è bella e quanto la ama, le dice quanto lei sia importante, quanto la sua vita sarebbe inutile senza di lei, quanto… Lei lo sa. Sa di essere amata e sa di amarlo, sa che lui è la miglior cosa che le potesse capitare.

Poi un giorno un semplice controllo, un dottore, un infermiere, tutt’intorno i colori cambiano… cancro al cervello. Maligno, si ma tuttavia curabile. No, non stai per morire amico, tranquillo, devi essere forte ed affrontarlo. Può regredire.

E così che da un anno va avanti questa storia. Lui la ama ma man mano il cancro ha preso sempre più possesso di lui e allora capita che ciclicamente lui inizi a sbraitare, a urlarle contro, ad offenderla, a trattarla male, ma lui la ama e non è lui a parlare ma la sua malattia. Come fare?

E lei gli sta accanto perché sa che lui la ama, perché quando non sta male è la persona più bella di questo mondo.

Ma i mesi passano e la malattia incalza. Il dottore aveva detto che bisognava fare dei cicli di chemioterapia, ma non era ancora arrivato il momento, doveva aspettare che il tumore diventasse più grande per poterlo sconfiggere, nel frattempo doveva “resistere”. Resistere. Assurdo, no?

Lui continua a trattarla male. Adesso succede che almeno una volta a settimana le getta addosso tutta la merda possibile, e la offende, la fa piangere. Poi si calma e le chiede perdono.

E lei lo perdona perché vuole stare con lui, perché ne è innamorata, perché sa benissimo che non è lui a parlare in quel momento, sa che è il suo cancro, il suo fottutissimo cancro.

I mesi passano ancora, più in fretta, velocissimi. Sembrano regrediti ai primi giorni in cui stavano insieme, le prime settimane: i dubbi, le paure, le incertezze.

Lei vive tanti momenti felici con lui ma tuttavia teme che, mentre lui l’abbraccia e le accarezza i capelli, o mentre fanno l’amore, lui potrebbe perdere nuovamente il controllo di sé e urlare e sbraitare e offenderla e soffocarle la vita. Oppure potrebbe peggiorare, potrebbe iniziare a picchiarla, prima schiaffi, poi pugni.. potrebbe ucciderla? Forse un po’ morta già lo è. Ma lo ama.

E lui ci ha provato, diamine se ci ha provato! Ogni volta che sentiva montare la rabbia e la frustrazione cercava di tacere. Allora si metteva in un angolino, da solo, a pensare e a dirsi “stai calmo” ma era più forte di lui e stava male. Un dolore lancinante allo stomaco lo prendeva e gli saliva la nausea e poi il vomito e piangeva. Cristo quanto lacrime! Un giorno aveva tentato di tagliarsi le vene perchè lui stava male, perchè lei stava male perchè era stanco e triste e solo e vuoto. Ma non ci era riuscito.

Allora doveva sfogarsi. Era impossibile combattere contro se stesso, era fuori di sé. E doveva urlare e accusarla, di qualsiasi cosa, anche di cose che lei non aveva mai fatto, trattarla male. E lei piangeva e urlava. E lacrime e muco e grida e denti stretti e morte e lacrime.

Cosa fare allora? Andare via? Lasciarlo? Ma con quale cuore?

La malattia, quella malattia che lo divora da dentro, che gli fa perdere il controllo di se stesso e che lo spinge a comportarsi come un egoista, senza cuore né dignità, è ... una malattia e non è il ragazzo che amo.

Forse bisognava allontanarsi, aspettare che lui intraprendesse il ciclo di chemioterapia e una volta che il cancro sarebbe stato sconfitto ritornare da lui. Ma lui non l’avrebbe mai perdonata. Lei lo avrebbe lasciato solo proprio quando era più che mai solo, proprio quando aveva bisogno di qualcuno al suo fianco e di qualcuno che lo amasse davvero. Proprio quando aveva bisogno di lei.

E lui AVEVA bisogno di lei!

E lui HA bisogno di lei!

Allora magari bisognava solo aspettare e stare insieme e combattere perché la malattia ormai era di entrambi ma insieme sarebbero stati più forti. E ci sarebbe stato un motivo in più per il quale combattere: per amare lei, per amare lui. Per essere di nuovo felici. Per tornare a ridere e scherzare e farsi il solletico e dirsi “quanto il volume di tutte le formiche del mondo” e le formiche sono tantissime…

E poi l’importante è questo, no? Volere stare insieme.

Aspettare dunque.

Forse…


O forse la malattia aveva spento tutto in lei, anche l'amore.


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